Home > Racconti di Croce Rossa > LE INFERMIERE DELLA CROCE ROSSA ITALIANA DURANTE IL FASCISMO

L’attuale struttura dei volontari della Croce Rossa Italiana è articolata su tre componenti: Volontari e Volontarie, Infermiere Volontarie e Corpo Militare Volontario[1]. Non è, però, sempre stato così[2].

Il periodo che va dal 1922 al 1945 comportò un cambiamento anche all’interno della C.R.I., sia dal punto di vista gestionale come da quello organizzativo. Questo anche in funzione dei compiti che l’Associazione assolse prima e durante il conflitto.

Per ciò che concerne la gestione amministrativa (e burocratica) non è difficile comprendere le ragioni che portarono ad una modifica dei semplici modelli di carta intestata dove, assieme ai connotati, si richiedeva anche la “buona condotta morale e politica” e la “razza”. La necessità di affermazione dell’ideologia del regime si insinuò nella C.R.I.[3] come in qualsiasi altra istituzione italiana, dove il fascismo dovette far sentire la propria presenza, come aveva fatto in altri ambienti[4]. È certamente, però, dissonante vedere come il fascismo fosse presente nella Croce Rossa[5], visto l’alto princìpio di umanità che costituisce la nascita dell’idea di questa Istituzione[6]. È quindi tanto più doloroso leggere della necessità di allegare la tessera del P.N.F.[7] alla domanda di arruolamento, di un aspirante, nel Corpo Militare Volontario della C.R.I.[8] Non si può, però, non ricordare che, nonostante una facciata “fascistizzata”, l’Associazione adempì ai propri princìpi umanitari in spregio al rischio di vedere i propri Soci arrestati. Ne sono un esempio le numerose lettere scambiate tra il Comitato di Padova e le istituzioni cittadine o le certificazioni di servizio redatte nel Dopoguerra, tutte conservate presso l’archivio storico del Comitato C.R.I. di Padova, dove è possibile leggere che “Noi che fummo tante volte aiutati, in segreto, in questi ultimi tristi due anni; che con questi aiuti potemmo soccorrere con così grande larghezza i deportati transitanti dalla stazione e spedire un numero ingentissimo di pacchi in Germania…”[9]oppure missive, rivolte al Questore di Padova, nelle quali si dichiarava che le Infermiere Volontarie erano state “Denunciate alla Feldgendarmeria come persone che avevano fatto propaganda perché i soldati italiani passassero al nemico”[10] e, non ultimi, attestati di servizio che dichiarano “Dedicò tutto il  fervore ed entusiasmo di Sorella di Croce Rossa all’assistenza dei partigiani feriti per la liberazione della città[11]. La lista potrebbe continuare, migliaia sono le voci (e le parole scritte) che possono combattere il topos di una Croce Rossa fascista, ma preme citare un ultimo caso: il Comitato C.R.I. di Padova fu in prima linea anche nell’assistenza agli ebrei trasportati verso i campi di sterminio, i cui treni facevano tappa a Padova. S.lla Lucia De Marchi[12] [13]fu insignita della Medaglia d’Oro al Merito Civile perché “Durante l’ultimo conflitto mondiale […] si adoperò nel dare assistenza e soccorso a 1022 ebrei romani catturati dalle SS il 16 ottobre 1943 e deportati nei lager[14]. Testimonianze che non vi fu mai una Croce Rossa fascista, ma solo, come nel resto dell’Italia del Primo Dopoguerra, alcuni elementi simpatizzanti ed una facciata in linea con il Partito al potere.

 

Infermiere familiari “fasciste”

Note anche con il nome di Infermiere Familiari Volontarie del Littorio (o più semplicemente infermiere del Littorio) furono istituite, per volontà del Direttorio del Partito, prima del 1926 e successivamente riconosciute come infermiere ed ausiliarie delle professioni sanitarie con Regio Decreto del 31 maggio 1928 n. 1334. Un registro dei corsi evidenzia che il Comitato di Padova tenne corsi per familiari fasciste nel 1929 e nel biennio 1935-36. Il primo corso iniziò il 15 maggio 1929 ed i successivi non furono erogati solo nel capoluogo di provincia, ma anche a Cittadella, Este, Monselice, Montagnana e Piove di Sacco. Al termine del corso, riporta il registro, le allieve ricevevano un attestato, con indicato il voto finale e le osservazioni, e l’assegnazione del grado di “infermiera”. Tra queste ultime si legge che alcune infermiere transitarono nei ruoli della Croce Rossa, in qualità di Infermiere Volontarie C.R.I.[15], e continuarono a studiare per un altro anno, al fine di conseguire il diploma di Infermiera Volontaria. Già nel 1926, comunque, si tenne un corso per familiari fasciste, ma il patrocinio fu assunto dalla federazione dei fasci femminili per la provincia di Padova ed il direttore fu il dott. Giuseppe Casuccio. Pare, quindi, che in questa fase “embrionale” dell’istituzione dei corsi la C.R.I. avesse un ruolo più di coordinamento, piuttosto che di gestione. Non stupisce, in ogni caso, che i fasci femminili si rivolgessero agli Ispettorati II.VV., non solo perché le scuole per Infermiere Volontarie erano (e sono) un ingranaggio ben rodato che vanta sempre personale docente-sanitario illustre, ma anche perché le circolari del Comitato Centrale della C.R.I. del 18 maggio e del 7 agosto 1927 stabilirono la fusione delle scuole dei fasci femminili con quelle della C.R.I.[16] Le ragioni formali si leggono nella circolare del 18 maggio “Perché la tutela sanitaria della Patria e della Stirpe abbia un unico indirizzo, attraverso le massime istituzioni assistenziali fasciste”[17], ma le ragioni informali che spinsero l’On. Turati[18] ad unificare i due centri di formazione è facile presumere che possano essere legate sia alla difficoltà dei fasci femminili di organizzare e reperire professionisti e strutture per l’erogazione dei corsi, quanto alla valutazione della spesa economica da sostenere per i corsi, mentre la C.R.I. aveva medici che prestavano gratuitamente la loro opera per formare le Infermiere Volontarie e svolgeva abitualmente i propri corsi presso i locali ospedali.

Alle partecipanti era richiesto di presentare la seguente documentazione: Tessera fascista, Prova d’essere socia della Croce Rossa (Bolletta di L. 10 -), Certificato di nascita in carta semplice da cui risulta che l’aspirante ha compiuto i 18 anni e non superato i 40, Certificato di sana e robusta costituzione fisica, Certificato degli studi compiuti e ricevuta della tassa di ammissione di L. 5 –[19]. Il tutto era corredato dal modello prestampato di domanda, compilato dall’aspirante, che andava controfirmato dalla fiduciaria provinciale dei fasci femminili e dall’Ispettrice Provinciale II.VV. Per le future infermiere fasciste iniziava poi un percorso formativo teorico e pratico di 90 lezioni per una durata complessiva di circa 9 mesi, secondo quanto stabilito dal Direttorio Nazionale del Partito Fascista. La parte pratica era svolta, ove possibile, nei reparti ospedalieri ed il programma didattico comprendeva lo studio degli apparati respiratorio, circolatorio, digerente, emuntorio, del sistema nervoso, cenni sulle malattie infettive, sull’assistenza all’ammalato, medicinali, elementi di chirurgia, igiene e puericultura e, infine, le malattie dei bambini. Non mancavano, ovviamente, lezioni di legislazione fascista come ad esempio “L’infermiera nella famiglia, per la Patria, per la Società”[20].

I corsi continuarono anche negli anni successivi, tranne per l’anno 1937, dove la documentazione suggerisce che il corso fu sì preparato (con relativa raccolta di documentazione per le partecipanti) ma non effettuato. Non è possibile stabilirne le ragioni, ma è facile presumere che probabilmente diverse partecipanti si ritirarono e non si raggiunse il numero minimo[21]. Ciò traspare dai corsi per familiari fasciste è che furono organizzati di concerto ed in ausilio con le locali sezioni di fasci femminili. Numerose sono le missive scambiate tra il Comitato e le sezioni per trovare una sede idonea per i corsi e gli esami, stabilire le date delle prove e reperire i docenti-sanitari per le lezioni. È curioso un documento nel quale la segretaria del fascio femminile di Montagnana difenda due allieve risultate “insufficienti” ed alle quali pervenne l’invito a ripetere il corso. La segretaria polemizzava con “franchezza fascista[22] la richiesta dell’Ispettrice II.VV. difendendo le sue assistite ed insistendo sull’eccellente spirito con il quale affrontarono il corso teorico e pratico. L’espressione “Zia Pina mi aveva già parlato di quanto ora scrivo” può farci capire quale legame unisse la segretaria dei fasci femminili e le allieve, spiegando le ragioni di questa lettera[23].

Un altro dato che non è possibile ignorare è la quantità di familiari fasciste che decisero di transitare nei ruoli effettivi della C.R.I., completando il corso per infermiere volontarie, segno che se per l’Associazione questi corsi rappresentarono un biglietto da visita per gli esterni ed un pubblico cui attingere nuove risorse, per le donne che cominciavano questo percorso i corsi rappresentarono il mezzo per conoscere la realtà della Croce Rossa Italiana che, come parte del Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa è parte della più grande organizzazione umanitaria del mondo.

 

Visitatrici Fasciste

«D. Chi sono le Visitatrici fasciste?

  1. Sono donne fasciste di particolare attitudine, che in ciascun settore, e nucleo del Fascio di combattimento a cui appartengono, visitano le famiglie bisognose a scopo di assistenza morale e materiale, con speciale cura per ciò che riguarda la maternità ed infanzia, riferendo periodicamente alla Segretaria del Fascio dalla quale dipendono.»[24]

 

Le cosiddette “visitatrici fasciste” furono uno dei corpi ausiliari femminili del Ventennio. Inquadrate sotto l’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia (ONMI)[25] e coordinate dai fasci femminili erano dedite ad attività di tipo assistenziale presso le famiglie in condizioni di indigenza. Le donne, in particolare le giovani, che si affacciavano a questo tipo di volontariato “istituzionalizzato” erano di medio-alta estrazione sociale e trovavano ragione della loro opera nella crescente crisi economica del Paese dovuta alle sanzioni economiche inflitte all’Italia dalla Società delle Nazioni[26]. Le sanzioni, che punivano l’Italia fascista per l’invasione dell’Etiopia e la violazione dell’art. XVI dello Statuto della Società delle Nazioni[27], si sommarono alla crescente spesa pubblica per la militarizzazione ed ammodernamento dello Stato, che affrontava ancora le pesanti ricadute del conflitto precedente, nonché alla crisi economica mondiale del 1929[28]. Le visitatrici si recavano dalle famiglie di bisognosi per prestare loro assistenza e raccogliere le istanze per i loro bisogni[29].

Non propriamente delle infermiere, seguivano un corso di circa 17 lezioni da un’ora o due ciascuna (della durata di circa 3 mesi) su: leggi sanitarie, l’O.N.B.[30], pronto soccorso pediatrico ed ostetrico, lezioni d’igiene e sulla tubercolosi. Sono qui citate poiché alcuni documenti riguardanti dei corsi per visitatrici sono custoditi presso l’archivio storico del Comitato di Padova. Poco ci è dato sapere su questi corsi per quanto concerne la C.R.I. di Padova, o sul perché i documenti siano quivi archiviati. Nella documentazione è presente una cartellina rosa con su scritto “Corso per Visitatrici Fasciste anno 1937” al cui interno sono presenti diversi fogli battuti a macchina o scritti a penna che rappresentano elenchi di aspiranti al corso ed il calendario delle lezioni e dei docenti.

L’ipotesi più accreditata è che queste pratiche confluirono nell’archivio contestualmente alla documentazione delle familiari fasciste non solo perché i corsi di quest’ultime passarono dall’essere amministrati dai fasci femminili al Comitato, ma anche perché il Comitato di Padova si può esser fatto carico d’istituire (o quantomeno coordinare) dei corsi per l’assistenza sociale, quali erano quelli delle visitatrici fasciste, data la natura stessa della C.R.I. e del Corpo delle Infermiere Volontarie, nonché la professionalità della Scuola per Infermiere dell’Ispettorato II.VV.

 

Fasciste Ospedaliere

Con lo scopo di organizzare dei Corsi di cultura igienica e di educazione sanitaria per Donne Fasciste venne a determinarsi la figura della “Fascista Ospedaliera”, una donna con delle nozioni di base che potesse svolgere la mansione di ausiliaria in ospedale. La costituzione di questi Corsi di cultura igienica avvenne d’intesa tra la Croce Rossa Italiana ed il Ministero dell’Interno[31], ma l’organizzazione e la gestione dei corsi era affidata ai locali Ispettorati II.VV. della C.R.I. I corsi per Fasciste Ospedaliere andarono a sostituire quelli per Infermiere Familiari Fasciste, precedentemente istituiti, e non furono permessi altri corsi di questo genere che avessero la finalità di assistenza agli infermi, anche se generica[32].

Le aspiranti che venivano ammesse, se in regola con l’approvazione della Fiduciaria[33] e le condizioni di iscrizione, ricevevano un attestato di “Fasciste Ospedaliere” al termine del corso. I requisiti, come accadde per la totalità delle professioni pubbliche, prevedevano l’iscrizione ad un’organizzazione fascista[34] [35], in questo caso ai Fasci Femminili[36] od alla G.I.L.[37]. Questo vincolo era affiancato dall’obbligatorietà di tesserarsi come socia della C.R.I., avere un’età compresa tra i 18 ed i 50 anni, possedere una buona condotta morale[38] ed una sana costituzione fisica, nonché possedere la licenza elementare[39]. Il corso, teorico-pratico, aveva come obiettivo “l’esercitazione delle allieve nella pratica dell’assistenza al letto dell’ammalato, negli ospedali e frequentare ambulatori e dispensari[40]” e si componeva di 44 lezioni, le cui materie andavano dall’avvelenamento alla fisiologia del corpo umano, dalla legislazione fascista alle malattie ed ai malori e così via.

La partecipazione alle lezioni era obbligatoria, così com’era obbligatoria la presentazione di una certificazione di appartenenza rilasciata dalla Comandante dei Fasci Femminili o dalla sezione della G.I.L.

Ciò che più attira la nostra attenzione è l’obbligatorietà del tesseramento come socia della C.R.I., per l’allieva, fatto che suggerisce in maniera inconfutabile che tale nucleo di “infermiere fasciste” appartenesse de facto alla C.R.I., nonostante i corsi fossero indetti e supervisionati dal P.N.F. coadiuvato dal Ministero dell’Interno. Questa tesi trova basi solide nel momento in cui apprendiamo dalle fonti che “Su parere dell’Ispettrice della C.R.I. le allieve promosse possono essere ammesse al I° anno di scuola Infermiere Volontarie qualora siano in possesso dei requisiti previsti dal regolamento[41] e che “verranno computati in loro favore le presenze di tirocinio pratico effettuate durante la frequenza del corso”[42]. È chiaro che per la C.R.I. questi corsi furono un’ottima fonte per la ricerca di personale volontaristico, la cui presenza è spesso sofferta nelle associazioni di volontariato, ed in questa spiegazione si può leggere la “deroga” per la computazione del tirocinio alle aspiranti II.VV.[43]

 

 

Infermiere Ausiliarie

La figura delle Infermiere Ausiliarie è attestata successivamente all’8 settembre 1943[44], facendone una delle peculiarità della R.S.I.[45], che com’è noto fu caratterizzata dall’introduzione di numerosi reparti (X° MAS, Brigate Nere, GNR, ecc.)[46] e de facto sostituendo le Fasciste Ospedaliere. La sostituzione delle Fasciste Ospedaliere si rese necessaria quando l’Italia fu divisa, tra la parte settentrionale che costituì la R.S.I. e la parte meridionale ove il Regno d’Italia si pose al fianco degli Alleati, così come ogni istituzione del Regno e, nondimeno, anche la C.R.I. si ritrovò ad essere spaccata in due. Fu costituito un nuovo Comitato Centrale, il Comitato Alta Italia, con sede ad Aprica[47] e nuovi Ispettori Nazionali per i corpi ausiliari[48] della C.R.I.

Anche per questa nuova figura, la competenza all’istituzione di un corso preparatorio al conseguimento del titolo, della durata di un mese, fu affidata alla Croce Rossa[49]. Le cosiddette “sorelline” vestivano l’uniforme delle infermiere volontarie, di colore azzurro (mentre per le II.VV. C.R.I. il colore dell’uniforme era bianco) per i soli servizi ospedalieri (mentre la divisa del S.A.F., di foggia militare, veniva indossata per le altre attività), avevano l’equiparazione al grado militare di sergente e portavano il distintivo del S.A.F.[50] da cui dipendevano[51]. Furono 22 i corsi provinciali per l’arruolamento delle 6000 volontarie, svoltisi presso il Lido di Venezia e Como[52]. Nonostante la dipendenza e i fregi del S.A.F., erano inquadrate nella Croce Rossa, da cui appare evidente che i vertici del Partito trassero ispirazione per creare un corpo con i caratteri delle infermiere volontarie della C.R.I., da impiegare in ausilio alle forze armate, ma di cieca fedeltà al regime.

Oltre alle sedi più importanti, precedentemente citate, corsi per ausiliarie si svolsero anche presso il Comitato di Padova. La minuta dell’allora presidente Francesco Selvatico Estense, datata marzo 1944, richiama l’attenzione sulla “Lettera 4 del corrente mese n. 2099 del Comitato Centrale della C.R.I.” che ordinava al Comitato di indire “Un corso accelerato per infermiere ausiliarie”[53]. Ricalcando la formazione dei corsi per infermiere, del periodo precedente l’8 settembre, anche in questo caso la formazione consisteva in lezioni teoriche e pratiche svolte presso ospedali civili e militari. La docenza, però, sarebbe stata svolta da ufficiali medici della C.R.I. e da medici della Guardia Nazionale Repubblicana, segnale, forse, che nell’ultimo anno di guerra la R.S.I. voleva acquisire un maggiore controllo su questi corsi, di certo molto più indottrinanti dei precedenti.

 

Conclusioni

Non è possibile negare, né si aveva l’intenzione di farlo, una “commistione” tra il regime del Duce e la Croce Rossa Italiana, a cavallo tra i primi anni ‘20 ed il ’45. Ma è bene sottolineare che per “commistione” non si intende un assenso generalizzato al fascismo, alle sue idee ed alle sue prerogative, quanto piuttosto la permeabilizzazione della C.R.I., come di ogni altra istituzione italiana, da parte del Partito. Va, inoltre, aggiunto che non fu la Croce Rossa a rivolgersi al P.N.F. per richiedere l’istituzione di nuovi corsi o nuove figure sanitarie od assistenziali, né si può affermare che l’Associazione pretese la direzione di tali corsi. Semmai, fu il fascismo, prima e dopo l’8 settembre, a rivolgersi ad una realtà che sapeva essere solida, ben vista e soprattutto ben organizzata per chiederLe di fare ciò che meglio sa fare: alleviare le sofferenze. Fu quindi il riconoscimento della C.R.I. come istituzione meritevole che spinse il fascismo a chiederne la professionalità, l’istruzione, i docenti, ecc.

Ma se da un lato la Croce Rossa Italiana, quale istituzione, assecondò il regime nelle sue richieste di coordinamento, istituzione e promozione di corsi per “infermiere fasciste”, richieste che certamente non erano negabili, presentate come direttive dei vertici del P.N.F. o Regi Decreti, dall’altro lato la C.R.I., quale insieme di volontarie e volontari, non si sottrasse al principio di Neutralità (come testimonia S.lla De Marchi), ma prima, durante e dopo la guerra continuò ad essere in prima linea su tutti i fronti per “alleviare le sofferenze” di ambo le parti.

 

 

di Gianluca Dalboni

Ufficio Storico del Centro di Mobilitazione Nord Est

Corpo Militare della Croce Rossa Italiana

BIBLIOGRAFIA

 

  1. Archivio Storico del Comitato di Padova della Croce Rossa Italiana;
  2. lla Bice Gazzola e S.lla Annalisa Vischia, Ricordi di Lucia de Marchi, patrocinio del Comune di Padova, della Croce Rossa Italiana Comitato di Padova e dell’Ispettorato Infermiere Volontarie, Servizi Grafici Editoriali, 2006;
  3. Roberto Bettella, Il Comitato della Croce Rossa di Padova, un impegno che continua, StudioLT2, 2009;
  4. Partito nazionale fascista. Il primo libro del fascista. Anno XVI dell’E.F. 1937-1938;
  5. Nicola Tranfaglia, Il fascismo e le guerre mondiali, UTET, 2011;
  6. Antonio Gambino, Storia del PNF, Sugar, Milano, 1962;
  7. Mario Mariani, XIV – Risalire la china, in La Croce Rossa Italiana – L’epopea di una grande istituzione, Milano, Mondadori, 2006.
[1] Dal sito istituzionale della C.R.I., www.cri.it.
[2] O.C. 0567-12 del 3 dicembre 2012, scomparsa delle classificazioni delle componenti civili e D.lgs. 178/2012 sui Corpi Ausiliari della C.R.I.
[3] La necessità di dichiarare un socio “ariano” o di “buona condotta morale e politica” non va intesa come una fascistizzazione della C.R.I. per quanto riguarda gli appartenenti, ma solo un adeguamento formale alla normativa all’epoca vigente.
[4] È risaputo che chiunque professasse un credo politico differente era allontanato dalla vita pubblica, quando non era perseguitato, incarcerato od assassinato. Il caso dell’On. Matteotti è l’esempio più emblematico.
[5] Mi sembra doveroso ricordare nuovamente che il riferimento non è ai membri ma solo alla gestione dell’Associazione.
[6] L’idea della C.R. nacque dal ginevrino Henry Dunant, all’indomani della battaglia di Solferino del 24 giugno 1859, che pensò ad un’istituzione che potesse soccorrere i feriti di ambo le parti, senza schierarsi.
[7] Partito Nazionale Fascista.
[8] Dal prot. Ufficio Storico del Centro di Mobilitazione Nord Est.
[9] Prot. 557 del 1° agosto 1945. Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[10] Prot. 590/I del 27 agosto 1945. Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[11] Certificazione del servizio reso durante la guerra di S.lla Gazzola Beatrice, Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[12] S.lla L. De Marchi (Pavia, 27.09.1894 – Padova, 21.01.1982) ex Ispettrice delle IIVV di Padova, pluridecorata Infermiera Volontaria che partecipò alle Guerre ’15 – ’18 e ’40 – ’45 e fu per decenni in prima linea anche negli interventi di C.R.I. del Dopoguerra. Decorata con Medaglia d’Argento al Merito della C.R.I., Medaglia d’Argento al Merito con Palma e Medaglia d’Oro al Merito Civile. Da Ricordi di Lucia de Marchi, a cura del Comune di Padova e della Croce Rossa Italiana Comitato di Padova, 2006.
[13]S.lla Bice Gazzola e S.lla Annalisa Vischia, Ricordi di Lucia de Marchi, patrocinio del Comune di Padova, della Croce Rossa Italiana Comitato di Padova e dell’Ispettorato Infermiere Volontarie, Servizi Grafici Editoriali, 2006.
[14]Roberto Bettella, Il Comitato della Croce Rossa di Padova, un impegno che continua, StudioLT2, 2009.
[15] Registro dei corsi, faldone Infermiere Familiari Fasciste, Archivio Storico del Comitato di Padova.
[16] Circolare 1015 del 7 agosto 1927 del Comitato Centrale della Croce Rossa Italiana.
[17] Circolare 1 Prot. Ris. Del 18 maggio 1927 del Comitato Centrale della Croce Rossa Italiana.
[18] Segretario Generale del Partito Nazionale Fascista.
[19] Mod. C.R.I. prestampato di presentazione della domanda di ammissione al corso, Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[20]Note del programma svolto dai Proff. Dott. Graziani, Dott. Soster, Dott. Genta per il corso del 28.03.1927. Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[21] La documentazione rivela una cartellina che riporta la dicitura “non effettuato” e diverse partecipanti sono depennate dalla lista con degli appunti a matita verde quali “ritirata” e “no”.
[22] Espressione che si ritrova nella lettera.
[23] Prot. N. 1042 del Fascio Femminile di Montagnana.
[24] Partito nazionale fascista. Fascista. Il primo libro del fascista. Anno XVI dell’E.F. 1937-1938.
[25] Donne in divisa. Donne, politica e famiglia nei cinegiornali Luce degli anni Trenta, in Officina della Storia, 4 gennaio 2018.
[26] Nicola Tranfaglia, Il fascismo e le guerre mondiali, UTET, 2011, pag. 309.
[27] Patto della Società delle Nazioni, 10 gennaio 1920.
[28] Il “Giovedì nero” della borsa di New York, 24 ottobre 1929. John Kenneth Galbraith, Il grande crollo, BUR, Milano 2009.
[29] Il fascismo al femminile, in Storia in Network, n.186 aprile 2012.
[30] Opera Nazionale Balilla.
[31] Circolare del P.N.F. n. 15 del 25 gennaio 1940 XVIII, Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[32] Circolare del P.N.F. n. 15 del 25 gennaio 1940 XVIII, Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[33] Così erano chiamate coloro che guidavano le federazioni provinciali dei fasci femminili.
[34]Antonio Gambino, Storia del PNF, Sugar, Milano, 1962, pag. 99.
[35] Una città fascista solo per interesse (ma tiepida e divisa), da Corriere delle Alpi, 16 dicembre 2011.
[36] Sezione femminile del P.N.F.
[37] Gioventù Italiana del Littorio.
[38] Con questa espressione, nel Ventennio, s’intendeva non avere segnalazioni a proprio carico per una condotta contro il regime.
[39] Ricordiamo che nel 1920 il 35.2% della popolazione italiana era analfabeta, fonte ISTAT.
[40] Programma per i corsi di Coltura Igienica e di Educazione Sanitaria indetti dalla Croce Rossa Italiana per le Donne Fasciste e le Giovani Fasciste, Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[41] Programma per i corsi di Coltura Igienica e di Educazione Sanitaria indetti dalla Croce Rossa Italiana per le Donne Fasciste e le Giovani Fasciste, Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[42] Programma per i corsi di Coltura Igienica e di Educazione Sanitaria indetti dalla Croce Rossa Italiana per le Donne Fasciste e le Giovani Fasciste, Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[43] Le allieve II.VV. devono effettuare un tot di ore di tirocinio pratico per l’ammissione all’esame finale.
[44] Data fondamentale della Seconda guerra mondiale, nella quale entra in vigore l’armistizio presentato agli Alleati da parte del Capo del Governo Badoglio e del Re Vittorio Emanuele III. Avrà conseguenze disastrose per l’Italia ed il Regio Esercito.
[45] Repubblica Sociale Italiana
[46] Andarono a costituire il cosiddetto “esercito repubblichino”, sostituendo le Camicie Nere, discioltesi dopo l’8 settembre, come corpo armato del partito. Questi reparti, presi nell’insieme, non ebbero un carattere di omogeneità, come un vero esercito, ma piuttosto di bande armate autonome organizzate con dei quadri gerarchici piramidali.
[47] Mario Mariani, XIV – Risalire la china, in La Croce Rossa Italiana – L’epopea di una grande istituzione, Milano, Mondadori, 2006.
[48] I Corpi Ausiliari sono il Corpo delle Infermiere Volontarie ed il Corpo Militare Volontario.
[49] Minuta del 17 marzo 1944 del Presidente del Comitato di Padova Francesco Selvatico Estense, Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.
[50] Servizio Ausiliario Femminile, istituito il 18 aprile 1944 e comandato dal generale di brigata Piera Gatteschi Fondelli.
[51]  Ausiliarie Della Repubblica Sociale Italiana, 2 maggio 2013 in Internet Archive.
[52] Il S.A.F.: Il Servizio Ausiliare Femminile della RSI, in ZENIT, 12 gennaio 2007.
[53] Minuta del 17 marzo 1944 del Presidente del Comitato di Padova Francesco Selvatico Estense, Archivio Storico del Comitato C.R.I. di Padova.