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Scrivere qualcosa sulla mia esperienza di Croce Rossa…sono un po’ arrugginita, da piccola tenevo diari ma ora il tempo manca e a volte anche l’ispirazione….vediamo.

Salgo sulla macchina dei ricordi e torno indietro di 30 anni, una ragazza di 18 al pronto soccorso, non ha la bella divisa rossa e neppure quella blu, ha una maglietta bianca con il simbolo della croce rossa e dei jeans, é appena scesa dall’ambulanza per un trasporto, forse non ha neppure i guanti ed é stata formata alla modalità “load and go”. E’ una tosta col cuore di burro, grandi sogni e la disponibilità ad investire per realizzarli. Vuole diventare un medico, il corso ed il lavoro in CRI da quando pioniera aveva 17 anni l’hanno convinta ancora di più che è la sua strada. Ma c’è quel cuore di burro che non aiuta. C’é un po’ di movimento in pronto soccorso, poi un gran silenzio, entra una donna di cui dopo trent’anni ricorderà lo sguardo, i lineamenti si confondono ma quello sguardo le rimane scolpito nell’anima, cambierà il corso della sua vita.

E’ una madre, le hanno appena detto che suo figlio ha avuto un incidente ma non sa quanto grave, é arrivata di corsa e riesco quasi a sentire il dolore mescolato alla paura che serpeggia nel corpo come un insetto impazzito abbagliato da una luce troppo forte.

Suo figlio ha fatto una stupidaggine, i bambini ne fanno, ma questa era davvero grossa, forse non sapeva cosa faceva e certo non ne aveva calcolato le conseguenze, 8 anni, phon acceso in acqua. Fulminato. Ricordo da 30 anni questa scena, lei che cammina verso il dottore con quello sguardo, il medico che la aspetta per parlarle e deve essere rapido, non può fare niente, chissà quante volte ha detto la stessa cosa, finisce per diventare meno dura. Ci si abitua al dolore e forse ancora di più ci si abitua all’impotenza nei confronti del dolore umano.

La ragazza assiste alla scena, gli occhi umidi e quello strisciante senso di disagio, non puoi fare niente, se sarai un medico potresti essere di là e non potrai fare niente se non dire ad una madre che la sua vita é irrimediabilmente distrutta e annegherà nei mille “se ci fossi stata, se gli avessi spiegato, se suo padre fosse più attento se…se …se…finché il tempo lenirà le ferite, almeno un po’, o altri ricordi di nuova vita si faranno spazio.

Quella ragazza inizia a chiedersi se ce la farà, se umanamente ce la farà. Comincia a saltare turni e pian piano si allontana dal progetto che aveva animato molte sue scelte, scappa a gambe levate mettendo la testa sotto la sabbia.

Sceglie altri studi, la passione non le manca, si laurea in scienze naturali e si specializza in antropologia, viaggia, scava, pubblica, prepara lezioni, fa quello che più o meno tutti i dottorandi d’Italia fanno nell’attesa di concorsi che in preistoria sono frequenti come una vincita al superenalotto. Studia per due anni a Parigi e lavora al Museum National d’Histoire Naturelle, a due passi dalla Salpetriere, uno dei più importanti ospedali della capitale francese. Dovunque si giri il passato torna e si domanda negli anni se ha fatto bene, se ha fatto la scelta giusta o magari avrebbe dovuto concedersi una possibilità.

Torna in Italia e fa quello che la stragrande maggioranza dei laureati e dottori di ricerca fanno, soprattutto in discipline scientifiche, se non scelgono di accettare le proposte dall’estero ….si butta sulla didattica.

Quella ragazza avrete capito ero io, e se sono qui a scrivere… la storia ad un certo punto deve prendere una nuova piega!

E così é. Dopo 30 anni quella ragazza non esiste più, almeno diverso é l’involucro, molto meno l’animo. Ha una famiglia, una figlia di 11 anni che adora ed un marito francamente rompiscatole che era il suo migliore amico ai tempi dell’università. La mamma di una compagna di scuola di sua figlia é entrata in CRI e sta facendo il corso PSTI, parlano e parlano, i ricordi e i sogni escono inarrestabili. Perché non ti iscrivi anche tu? Magari! Mi piacerebbe… figurati le complicazioni……chi sta con la bimba la sera se ho riunioni , problemi…problemi…problemi…

e poi…dal profondo…. un grande, enorme potentissimo CHISSENEFREGA……stavolta penso a me, da 10 anni penso alle esigenze degli altri e non a quello che voglio fare e che ho aspettato per 30 anni a riprendere in mano.

Così ho iniziato il corso, ero intimidita, ma piena di voglia di fare, arrivavo a sera stanca tra lavoro e famiglia ma un ricordo forte ce l’ho:  una delle prime lezioni, torno a casa verso le 23, mi appoggio al cofano della macchina, mi accendo una sigaretta e guardo in alto, il cielo e pieno di stelle ed io sto iniziando un nuovo viaggio, avrò tanto da studiare ma la medicina mi piace e così le tecniche di intervento, il diritto umanitario, il lavoro nel sociale…mi piace tutto, e sono felice.

Ho finito il PSTI lo scorso settembre ed ora faccio qualche turno, manifestazioni, ma soprattutto sono attiva nel diritto umanitario, ho conosciuto persone speciali e porto avanti progetti concreti.

Penso ancora spesso a quella mamma, a quello che sarei diventata se quell’incontro non fosse avvenuto, ma nulla accade  per caso, nemmeno il mio essere qui, ora.

Patrizia – Volontaria CRI