Home > Racconti di Croce Rossa > «Sapete qualche nome delle vittime?» Breve saggio su Croce Rossa Italiana e Vajont

Il contesto 1
S ALA C OMANDO , C ENTRALE DELLA D IGA DEL V AJONT , 9 OTTOBRE 1963
«Ore: 22:43 Scattano a Soverzene la linea a 220 kV “Lienz” e la “Polpet Pelos” a 130 kV agli
estremi( mancano telefoni di servizio con Pelos Lienz).
ore: 22:56 Polpet libera la sbarra “A” passando la linea “Camolino” in sbarra “B”
(Tramite TELVE) si prova la linea a 130 kV “Pelos-Polpet” e derivazioni “ Gordona” e “Colomber “
con il Gruppo turbina-generatore di Pelos ma risulta guasta quindi rimane fuori servizio la linea
“Pelos e Colomber”.
ore: 22:56 la 130 kV “Pelos-Polpet e derivazioni “Gordona” e “Colomber” sono fuori servizio su
guasto. Rimane fuori servizio anche la linea a 220 kV “Lienz”.
Ore 23:04 Scatta a Polpet la linea a 130 kV “Soverzene” , viene lasciata fuori servizio + il gruppo
“D” a Soverzene.
Ore 23:06 scatta la linea a 220 kV “Soverzene” agli estremi viene lasciata fuori servizio + i gruppi
“A;B;C” a Soverzene + linea ”Arsie”
(Teleregolazione con “Somplago” fuori servizio su guasto telesegnale da Soverzene) Rimessa in
servizio la Teleregolazione escludendo la misura di Soverzene. Quali le comunicazioni telefoniche
con Soverzene hanno subito qualche Breve interruzione.
Soverzene comunica che è senza tensione dai servizi ausiliari a 10 kV, è al buio e l’acqua entra dagli
scarichi turbine, è a circa 1,5 m nella sala turbine ; il personale è in procinto di abbandonare la
centrale, ma attende ancora per valutare l’andamento della situazione.
Si ha notizia di una massa d’acqua in Piave proveniente dal Vajont.
Comunicazioni telefoniche TELVE completamente fuori servizio con Longarone e dintorni. Si ha
notizia di tralicci divelti dalla corrente d’acqua sul Piave e Soverzene.»
Poi silenzio, sabbia e lacrime… 2
2 M. SARTORI, Storia del ripartitore di Venezia (dal 1924 al 1988) , ENEL Settore Produzione e Trasmissione di Venezia,
Venezia 1989.
Il testo è stato recuperato e riportato in questo trattato da Diego Alunni, tecnico specializzato e militare del Corpo
Militare Volontario della Croce Rossa Italiana, Centro di Mobilitazione Nord Est, N.A.A.Pro. di Padova.
1 L’immagine in prima pagina è stata tratta dal video di CAFETV24, dal titolo Vajont. La tragedia Sopravvissuti,
superstiti, testimoni, immagini

GIANO BIFRONTE
L’Italia vide nel suo progetto “Grande Vajont” un bypass tra l’inizio e la fine della Seconda
Guerra Mondiale il quale mirava a realizzare una delle più grandi opere d’ingegneria
dell’Europa post bellica. Oggi, e forse anche allora, risultano oltremodo evidenti le
responsabilità di una tragedia che vide quasi duemila morti sul carro delle vittime.
Alle 23.00 circa del 9 ottobre 1963 ci fu una cesura tra un’Italia grandiosa per l’opera
realizzata e un’Italia ancor più grandiosa per le opere di soccorso alle quali prese parte
consistente la Croce Rossa Italiana. Sappiamo, infatti, bene che già all’epoca eminenti
esponenti della scienza e del giornalismo contemporaneo avevano esposto molti dubbi sulla
capacità di insediamento naturale dell’opera di ingegneria in questione.
Quale Italia desiderava il “Grande Vajont”? Nella sua Storia dell’Italia repubblicana Silvio
Lanaro sfata il mito del boom economico italico del quinquennio 1958-1963: l’analisi dello
storico veneto mostra unicamente un’accelerazione – non verticale – del processo espansivo
dell’economia italiana. 3 In questo quinquennio come venne quindi inquadrata la
motivazione di una così grande opera? La necessità di energia accompagnava un paese che
voleva considerarsi in ascesa economica e intrinsecamente giustificava il proseguimento ed il
completamento di un’opera che considerava nel suo gigantismo i piedi friabili del Monte
Toc.
All’indomani del 9 ottobre 1963 l’Italia si raccolse in un abbraccio solerte e tinteggiato di
rosso, il rosso delle vittime e parimenti quello della Croce Rossa.

L A CRONACA CONTEMPORANEA
Dal quotidiano La Stampa appare evidente come già dal 10 ottobre la tragedia coinvolse quasi
duemila persone, tutte decedute. Nella notte tra il 9 e 10 ottobre non si capì se vi fosse stato un
cedimento strutturale della diga oppure la prevista rottura del Monte Toc avesse procurato l’onda
anomala che investì l’abitato di Longarone. Dapprima ai riflettori e poi ai primi raggi di sole fu
chiaro che la versione corretta era la seconda: il Toc si era separato dai propri milioni di metri cubi di
materiale roccioso e di detriti.
L’entità della tragedia è apparsa soltanto stamane quando le ultime notizie diffuse dalla radio e dai giornali ne
hanno rivelato le spaventose proporzioni. In redazione è stato un susseguirsi di telefonate: molti erano in ansia
per la sorte di parenti che risiedono a Longarone o nei paesi vicini, «Mio figlio — ha detto uno sconosciuto con
la voce rotta dal pianto — abita in una casa della piazza centrale di Longarone. Sapete qualche nome delle
vittime? ». 4
La Croce Rossa predispose immediatamente la raccolta di indumenti e di coperte, conducendo i
primi soccorsi già dal mattino del 10 ottobre. I donatori di sangue C.R.I. si misero immediatamente
a disposizione degli assetti sanitari, i quali videro come proprio centro logistico primario l’ospedale
4 LA STAMPA, Giovedì 10 ottobre 1963, articolo Angoscia per la catastrofe del Vajont .
3 S. LANARO, Storia dell’Italia repubblicana, Marsilio, Venezia 1992, pp. 239-240 .

di Pieve di Cadore, all’interno del quale vennero immediatamente schierate decine di Infermiere
Volontarie. A livello nazionale intanto tutti gli spettacoli vennero sospesi per rispetto verso le
vittime della tragedia bellunese.
Per ordine del Ministero della Difesa l’Esercito Italiano schierò agli ordini del generale Carlo
Ciglieri 5 , comandante del IV Corpo d’Armata, la brigata «Cadore» e due battaglioni del Genio
pionieri, accompagnati da dieci elicotteri, quattro fotoelettriche, autobotti, camion speciali, gru,
bulldozers, scavatrici e attrezzi indispensabili per fronteggiare la situazione. Parteciparono alle
operazioni anche gli americani della SETAF di Verona. I vigili del fuoco schierarono 259 pompieri
del comando di Belluno dotati di 90 camion, a cui si aggiunsero reparti di Bolzano, Udine, Treviso,
Venezia, Milano e Torino.
La Croce Rossa Italiana, appoggiata dagli aiuti della Croce Rossa Internazionale, della Croce Rossa
francese, olandese, inglese e austriaca, intervenne da parte sua in modo assolutamente massiccio. A
seguito dei primi soccorsi organizzati dal comitato provinciale di Belluno si aggiunsero decine di
autoambulanze, affluite rapidamente da Belluno, Feltre, Verona, Padova, Udine ed, infine, Treviso.
Si recarono tempestivamente sul luogo della tragedia numerose Infermiere Volontarie, provenienti
in particolare dai comitati di Belluno e Udine e in seguito da quello di Padova. Il comitato
provinciale di Verona dispose l’invio del materiale accantonato nel magazzino d’emergenza di
Verona, probabilmente dislocato nella ora dismessa caserma del Corpo Militare Volontario C.R.I.
di Via Giolfino, in seguito ad accordi presi dalla C.R.I. con il Ministero dell’Interno. 6 A Verona
venne allestito un centro di pronto intervento, creato dal Ministero dell’Interno, al fine di agevolare
la logistica di viveri, medicinali, brande, coperte, indumenti, da smistare a Pordenone. L’impegno fu
comunque di carattere nazionale: il Comitato C.R.I. di Torino, ad esempio, inviò 36 casse di
vestiario invernale, mentre quello di Milano garantì la spedizione di centinaia di coperte, lenzuola,
indumenti di lana, cappotti e generi di conforto.
6 LA STAMPA, Venerdì 11 ottobre 1963, articolo I convogli delle ambulanze trasportano più morti che feriti .
5 Il Generale di Corpo d’Armata Carlo Ciglieri morì a soli 57 anni in un incidente stradale il 28 aprile 1969. Fu il primo a ricevere la
cittadinanza onoraria di Longarone. A lui, inoltre, i Comuni di Longarone e di Codissago intitolarono una via.
https://maps.app.goo.gl/bx2zTcntydVKEueQ7
https://maps.app.goo.gl/F1MStYDNUvospyo39

A Pieve di Cadore, nelle prime fasi dei soccorsi, il direttore dell’Ufficio Imposte, dottor Pasdera,
assunse il coordinamento delle operazioni con l’ausilio di un gruppo di Infermiere Volontarie, dei
donatori di sangue e di tutti i medici della zona. Fu issata una grande bandiera bianca, con la Croce
Rossa in campo, e quella fu la sede del coordinamento dei soccorsi sanitari. Secondo le righe de La
Stampa , Pasdera e Sorella Mercedes Genova, «una crocerossina scattante, precisa, entusiasta, ma
tutta rivolta al pratico, all’indispensabile, senza le maniere zuccherose che la pietà assume quando
indossa la uniforme» assunsero il coordinamento di tutti i volontari. «Mi chiamarono in piena
notte. “È saltata la diga del Vajont”, furono le uniche parole. Dovevo correre a organizzare l’ospedale
di Pieve di Cadore (BL), come dopo una battaglia. Ho soccorso bambini, anziani, ho tenute strette
le loro mani, a lungo, fino all’ultimo». «Quando pensavi di aver finito, ricompariva la sabbia.
Sabbia e ancora sabbia. Ci sono dettagli che non è giusto raccontare e non racconterò mai» 7 . La
clinica «Cadore» si riempì di feriti. I medici vegliarono giorno e notte senza darsi il cambio. Nel
2013 Magnifica Comunità di Cadore onorò della cittadinanza Isolina Tabacchi Soravia, Maria
Coletti, la già citata Mercedes Genova e altre sorelle non identificate. 8
Sede della Croce Rossa Italiana in piazza Tiziano a Pieve: sorella Mercedes Genova illustra la situazione alla principessa Maria Beatrice di
Savoia 9
Sappiamo che, oltre all’ospedale di Pieve di Cadore, vennero allestiti attendamenti di soccorso
presso il campo d’aviazione di Belluno dove vennero ospitati e soccorsi i superstiti della tragedia.
Un’altra struttura di degenza fu l’ospedale Codivilla di Cortina d’Ampezzo.
9 Foto della Magnifica Comunità di Cadore
https://www.facebook.com/photo?fbid=2119203308099722&set=pcb.2119204624766257&locale=it_IT
8 http://www.magnificacomunitadicadore.it/cadore/news/37/vajont-1963-istantanee-sul-soccorso-in-cadore.html
7 Messaggero di Sant’Antonio, 27 Settembre 2013
https://messaggerosantantonio.it/content/vajont-una-ferita-ancora-aperta

La Croce Rossa organizzò inoltre la raccolta delle offerte spontanee lungo tutto il territorio
nazionale.
Ettore Lupo, 72 anni, ex combattente della prima guerra mondiale e pensionato della Previdenza, insieme alla
sua offerta di 500 lire ci ha portato il cappotto, pregando di consegnarlo alla Croce Rossa. «E’ l’unico
indumento ancora in buono stato, potrà servire a qualche superstite che non ha più nulla da mettersi addosso.
Lo dono di cuore, ricordando ciò che fecero gli abitanti di Longarone per i soldati italiani reduci dalle
trincee.» 10
Pieve di Cadore, Casa di cura “Cadore”; visita di cortesia della principessa Maria Beatrice di Savoia ai ricoverati superstiti della tragedia;
accoglie il primario dott. Romualdo Cappellari 11
L’opera delle Infermiere Volontarie arrivò alla scrittura del proprio nominativo per gli analfabeti e
per gli impossibilitati all’interno degli elenchi degli assistiti per l’ottenimento degli aiuti.
La capacità operativa della Croce Rossa Italiana, attraverso la propria struttura, consentì alle
popolazioni di ricevere un primo soccorso che andò ben al di là dell’opera sanitaria e di conforto.
Anche la memoria è una prerogativa che il sacrificio delle vittime del Vajont ha in parte affidato alla
C.R.I. e questo saggio intende dimostrarlo con un primo solco nella “coltivazione” della Storia
nazionale del Vajont.
11 Foto della Magnifica Comunità di Cadore
https://www.facebook.com/photo?fbid=2119199254766794&set=pcb.2119204624766257&locale=it_IT
10 LA STAMPA, Lunedì 14 ottobre 1963, articolo Offerte con pietà ed amore

Lo studio dalle carte del Comitato C.R.I. di Padova e dell’Ufficio
Storico del Centro di Mobilitazione Nord Est CMV C.R.I.
Il 9 ottobre 1963 fece stringere i cuori di tutti gli italiani e di tutto il mondo per le sorti degli
abitanti dei paesi del Vajont. La Croce Rossa, Associazione umanitaria di soccorso, non poté restare
immobile, ma si prodigò per i soccorsi a feriti, sfollati e orfani, in sinergia con gli altri Corpi dello
Stato.
La Croce Rossa Italiana non fu sola nel prestare i primi soccorsi; come già accennato, subito si
offrirono le altre Società Nazionali, consorelle della C.R.I., e la Croce Rossa Internazionale di
Ginevra. 12 La C.R.I., per tramite del Comitato di Belluno e dei Sottocomitati limitrofi, intervenne
immediatamente secondo un sistema già adottato e rodato durante per l’alluvione del Polesine del
1951. 13 Le prime necessità erano ripari per gli sfollati, identificazione e recupero dei feriti e delle
salme, un lavoro troppo gravoso per un piccolo comitato di montagna che doveva fronteggiare una
disastrosa catastrofe da 1.910 vittime dichiarate. 14 Fu per questo che il Comitato Centrale
intervenne «con propri mezzi», 15 affiancato dagli Ispettorati delle Infermiere Volontarie di Belluno,
Udine, Feltre e Pieve di Cadore 16 con l’invio di uomini, donne e mezzi.
Così come le alte cariche dello Stato, anche i vertici dell’Associazione si recarono sul posto dopo la
tragedia, per prendere coscienza di cosa la natura era stata capace di fare quando la si vuol forzare. È
così che il Prof. Vittorio Scimone, Presidente del Comitato di Padova scriveva l’augurio di «una
meno triste occasione» 17 per incontrarsi con la Presidenza Nazionale, presieduta da Guido Ferri, che
si era recata a Longarone accompagnato dalla Sorella Ispettrice Nazionale delle Infermiere
Volontarie Paola Menada.
La misura di ciò che i loro occhi videro nei giorni immediatamente successivi alla tragedia è data
dalle parole di S.lla Menada che, alle sorelle Ispettrici, scriveva:
Sono rientrata in questi giorni […] con il cuore stretto dall’angoscia per le orribili ore vissute lassù, […]
purtroppo i superstiti erano pochi e, di conseguenza, il lavoro dei giorni seguenti la catastrofe non tale da
richiedere il lavoro di altri Ispettorati (oltre quelli sopra menzionati n.d.r.)[…] 18
18 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
5247-18/a dell’Isp. Nazionale IIVV alle tutte le Ispettrici, 25 ottobre 1963.
17 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
9565/I del Comitato di Padova all’Ill.mo Presidente Generale, 28 ottobre 1963.
16 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
5247-18/a dell’Isp. Nazionale IIVV alle tutte le Ispettrici, 25 ottobre 1963.
15 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
PG/2517 del Comitato Centrale CRI ai Presidenti dei Comitati e Sottocomitati CRI, 11 ottobre 1963.
14 M. GAFFURI, Tragedia del Vajont 50 dopo: parlano i bambini che sopravvissero, in OGGI.it, 8 ottobre 2013.
13 Cfr. A.S.C.D.M.N.E, f. Alluvione del Polesine 1951.
12 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
PG/2517 del Comitato Centrale CRI ai Presidenti dei Comitati e Sottocomitati CRI, 11 ottobre 1963.

Ma la Croce Rossa Italiana non limitò il proprio impegno ai Comitati territorialmente vicini; tutti i
Comitati d’Italia si adoperarono per la raccolta di offerte, indumenti e generi di conforto per i
superstiti. La Croce Rossa, che dal 1864 è nel cuore degli italiani per il suo impegno umanitario nei
conflitti e nelle calamità, fu d’indirizzo per i molti cittadini che vollero inviare denaro pro vittime
della Tragedia del Vajont. Per questo il Prof. Scimone ricordò alla Presidenza Generale che «le
sottoscrizioni sono fatte da gente amica che, fra le tante voci che hanno chiesto, ha preferito venire
spontaneamente a noi per la stima che hanno della nostra Istituzione avendo sempre mostrato
pubblicamente in altre occasioni (Polesine, Olanda, Avellino, ecc.) che il denaro affidatoci serviva ad
inviare direttamente soccorsi a chi aveva bisogno […]» 19 e che le somme raccolte erano state
direttamente utilizzate dal Comitato dopo essersi recati sul posto ed aver sentito i Sindaci «per le
necessità alle quali non provvede lo Stato» 20 . Questo caso fu particolare, in quanto a seguito di una
circolare dell’11 ottobre, il Comitato Centrale chiese il versamento di tutte le somme raccolte, al fine
di indirizzare in maniera univoca tutte le risorse. La circolare però giunse a Padova solo il 28 ottobre,
quando il Prof. Scimone aveva già disposto del denaro in favore dei superstiti, in mancanza di
disposizioni.
Le sole ricevute di donazione, conservate presso l’Archivio del Comitato di Padova, ricevute tra l’11
ottobre ed il 13 novembre sono oltre 50 e tra queste spiccano nomi di importanti istituzioni della
realtà cittadina, quali l’istituto tecnico P. F. Calvi, il collegio Barbarigo ed il liceo Tito Livio,
importanti famiglie padovane – nomi altisonanti quali quelli della famiglia Jacur o Madame Bovet –
e aziende locali. Ma non solo: anche persone comuni donarono tutto ciò che poterono. La
donazione più alta fu dell’Ordine dei Medici di Padova, che donò 652.000 Lire 21 . In totale furono
raccolte 817.335 lire nei primi quindici giorni dopo la tragedia e oltre 1.500.000 Lire tra ottobre e
novembre 1963.
Ma le donazioni pecuniarie non furono le sole: moltissimi furono i cittadini, le associazioni e le
aziende che donarono cappotti, sottane, calzoni, giacchini, camicie ed indumenti per bambini. 22
Un’altra tragedia nella tragedia, successiva al fatto nell’immediato, fu la gestione del fenomeno dei
“bambini del Vajont”, molti dei quali rimasti orfani e traumatizzati. La Croce Rossa Italiana si
mobilitò per fare da tramite alle numerose richieste di adozione o affido temporaneo che
giungevano da tutta Italia, vagliando e coordinando i richiedenti e le istituzioni pubbliche. 23 La
priorità fu quella di allontanare giovani e bambini dai luoghi della desolazione e del dolore quali
erano diventati Longarone e la valle del Vajont. Sulla scia di questo intervento, nel gennaio del 1964
23 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
9532/I dell’Isp. Nazionale IIVV alle tutte le Ispettrici, 18 ottobre 1963.
22 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, fogli
sciolti.
21 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
9601/I del Presidente del Comitato di Padova al dott. Pietro Pellegrini, 13 novembre 1963.
Secondo il portale Inflation History, la somma oggi sarebbe pari a 7.446,78 €.
20 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
9565/I del Presidente del Comitato di Padova all’Ill.mo Presidente Generale, 29 ottobre 1963.
19 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
9565/I del Presidente del Comitato di Padova all’Ill.mo Presidente Generale, 29 ottobre 1963.

il sistema italiano di protezione civile ante litteram si mosse per trasferire i bambini a Milano per
alcuni giorni, per farli assistere alla befana organizzata dal Mago Zurlì ed al concerto di Celentano. 24
La Croce Rossa Italiana mobilitò parimenti dalla notte del 9-10 ottobre 1963 le componenti
ausiliarie delle FF.AA., Corpo delle Infermiere Volontarie e Corpo Militare CRI, quali soccorritori
da affiancare ai numerosi Vigili del Fuoco e militari mandati dal Governo 25 . Il loro impegno e la loro
dedizione ci viene mostrata ancora una volta dalle parole di S.lla Menada.
Commossa per questa nuova pagina di sacrificio, di dedizione, di altissimo senso del dovere […]. 26
Le Sorelle hanno veramente lavorato, come al solito del resto, con slancio ed entusiasmo incomparabili […] 27
Ad esse desidero qui esprimere il più affettuoso ed ammirato elogio […] 28
L’Ispettrice con le proprie parole esprimeva la piena soddisfazione e la fierezza con le quali la Croce
Rossa prestò la propria opera, che non si limitò alla cura dei feriti e dei disperati, al «ricomporre
pietosamente le salme» 29 , allo scavare fra le macerie, nell’accudire, vestire e sfamare i bambini e gli
sfollati, ma soprattutto nel dare aiuto e conforto «ai magnifici soldati e vigili del fuoco che si
prodigarono oltre ogni limite immaginabile» 30 .
Nulla più delle parole di chi ha visto e vissuto quei giorni può aiutarci a capire.

 

Michele Cardin | Gianluca Dalboni

09/10/2023

30 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
5247-18/a dell’Isp. Nazionale IIVV alle tutte le Ispettrici, 25 ottobre 1963.
29 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
5247-18/a dell’Isp. Nazionale IIVV alle tutte le Ispettrici, 25 ottobre 1963.
28 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
5247-18/a dell’Isp. Nazionale IIVV alle tutte le Ispettrici, 25 ottobre 1963.
27 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
5256-13/b dell’Isp. Nazionale IIVV al XIII° Centro di Mobilitazione di Padova, 31 ottobre 1963.
26 Archivio Storico del Comitato CRI di Padova, f. Protocolli degli Ispettorati IIVV di Feltre, b. Protocolli 1963, Prot.
5247-18/a dell’Isp. Nazionale IIVV alle tutte le Ispettrici, 25 ottobre 1963.
25 Dal sito www.cri.it
24 Marco Gaffuri, Tragedia del Vajont 50 dopo: parlano i bambini che sopravvissero, in OGGI.it, 8 ottobre 2013.